La storia della Venere di Milo è antica e appassionante. Racconta non solo l’antica cultura ellenistica, ma anche una serie di curiosità e vicissitudini legate a una figura diventata iconica nella storia dell’arte.
Cosa tratteremo
Un’icona dell’arte antica. La Venere di Milo
È chiamata anche “nostra signora della bellezza” dal poeta tedesco Heinrich Heine. Questa rappresentazione in marmo della dea Afrodite risale al 130 a.C. circa e parrebbe essere stata realizzata dallo scultore Alessandro di Antiochia.
Ritrovata solo nel 1820 nell’isola greca di Melos, il suo pregio, così come il suo valore, fu subito evidente. Dunque il restauro iniziò nello stesso anno. La storia della Venere di Milo, esposta da sempre presso il Museo del Louvre, cela molte curiosità, tra cui aspetti storici davvero poco conosciuti.
Una Venere per sostituire un’altra Venere
Il giorno del ritrovamento della Venere di Milo da parte di un agricoltore greco di nome Yorgos Kentrotas, la notizia corse in fretta. La Grecia era ancora sotto la dominazione dell’impero ottomano. Dunque i soldati turchi informarono rapidamente l’ufficiale della marina francese Olivier Voutier, sicuri di un suo rapido riscontro.
I turchi perciò sequestrarono gli scavi e certi dell’interesse nei confronti dell’arte neoclassica da parte dei francesi, la vendettero proprio a questi ultimi. La vera curiosità però risiede nel fatto che la Francia pochi anni prima dovette restituire all’Italia la Venere de’ Medici, presa illegittimamente attraverso le spoliazioni napoleoniche.
Fu per questo che per i francesi l’acquisto della venere di Milo fu una vera conquista e la propaganda che ne seguì fu assolutamente notevole.
Divisa in due e non spezzata in due
Se ci si sofferma in modo superficiale sulle prime notizie relative al ritrovamento di questa iconica e maestosa statua rappresentante la dea Afrodite, si potrebbe correre un rischio. Quello di pensare che l’opera è stata danneggiata nella sua integrità dal tempo.
La Venere fu ritrovata infatti già divisa in due. L’agricoltore la ritrovò mentre era intento a recuperare delle grosse pietre nei pressi delle antiche mura di Melos. Dovette estrarla a fatica nei pressi di un grottino. Solo in un secondo momento venne estratta la parte delle gambe. Non è corretto pensare che il tempo o le condizioni del luogo del ritrovamento siano le responsabili o le cause di un danneggiamento.
La Venere di Milo è stata realizzata e progettata in due parti diverse affinché essa potesse essere trasportata e assemblata in un secondo momento. Il motivo che spiega tutto questo è semplice ed è correlato alle maestose dimensioni dell’opera marmorea, alta più di due metri. A conferma di tutto ciò vi è il taglio di congiunzione. Si intuisce volutamente combaciante con l’inizio della lavorazione della veste della parte inferiore e l’inizio della lavorazione del corpo nudo ossia del busto superiore.
La dea che ha ispirato moltissimi artisti
Dea della bellezza e dell’amore, Afrodite rappresenta anche la creazione, nel senso più vicino a quello che interessa i processi artistici. Non è un caso allora che numerosi artisti si siano nel tempo ispirati a questa precisa rappresentazione di Afrodite per trarne un fortunato spirito creativo.
Molte sono infatti le opere di successo che sono riferite alla Venere di Milo come ad esempio La Venere di Milo con cassetti, di Salvador Dalì. Anche l’iconica opera intitolata La Libertà che guida il popolo di Eugène Delacroix ha come protagonista una figura femminile la cui posizione del busto è chiaramente ispirata alla Venere di Milo.
Anche le stelle della musica hanno dedicato un omaggio alla dea Afrodite. Tra questi Miles Davis che ha intitolato “Venus de Milo” uno dei suoi brani più belli.